La Quaresima cristiana

Periodo di preparazione alla Pasqua

Parrocchia, 25/2/2017

  

LA QUAREIMA

La Quaresima ci invita in modo particolare a vivere tre verbi che ci vengono suggeriti direttamente da Gesù: PREGARE: ossia ascolto, silenzio, lettura della parola di Dio; AIUTARE: che ci porta alla condivisione del pane con gli altri e DIGIUNARE che significa soprattutto a non riporre fiducia nelle cose, ma in Dio. L’esempio ci viene direttamente da Gesù che pregava digiunando per poi stare continuamente al fianco soprattutto di chi aveva più bisogno d’aiuto.

In questa quaresima vogliamo porre la nostra attenzione sulla preghiera  però facendoci guidare da una parabola di  Gesù che troviamo nel Vangelo secondo Luca “Il fariseo e il pubblicano al tempio” (Lc 18,9-14) "Poi Gesù raccontò un'altra parabola per alcuni che si ritenevano giusti e disprezzavano gli altri. Disse: "Una volta c'erano due uomini: uno era fariseo e l'altro era esattore delle tasse. Un giorno salirono al tempio per pregare. Il fariseo se ne stava in piedi e pregava così tra sé: "O Dio, ti ringrazio perché io non sono come gli altri uomini: ladri, imbroglioni, adulteri. Io sono diverso anche da quell'esattore delle tasse Digiuno due volte alla settimana e offro al tempio la decima parte di quello che guadagno". L'agente delle tasse invece si fermò indietro e non voleva neppure alzare lo sguardo al cielo. Anzi si batteva il petto dicendo: "O Dio, abbi pietà di me: sono un povero peccatore!". Vi assicuro che l'esattore delle tasse tornò a casa perdonato; l'altro invece no. Perché chi si esalta sarà abbassato; chi invece si abbassa sarà innalzato".

Gesù narrando questa parabola ci parla ancora della preghiera. Egli c'insegna che la preghiera è un'esperienza spirituale d'intensa intimità con Dio che ci è Padre: una preghiera che non guarda al cielo per scordare l'umanità, ma al contrario le schiude l'orizzonte di una salvezza totale e definitiva. La possibilità di chiamare Dio "Padre" non dipende dai nostri meriti, ma è dono dello Spirito Santo continuamente rinnovato dalla sua bontà che ha a cuore la sorte di tutti gli uomini. Gesù rappresenta l'atteggiamento religioso giusto e sbagliato mediante l'opposizione tra due protagonisti:

il primo è un fariseo, osservante scrupoloso della Legge, separato da quelli che egli ritiene peccatori e reprobi, l'altro è un pubblicano, cioè un esattore delle tasse a favore degli occupanti romani.

Il fariseo dichiara la verità: osserva attentamente la Legge, ringrazia Dio, per essere esente dai vizi degli altri uomini, si ritiene in credito presso Dio, non attende la sua misericordia e non si aspetta la salvezza come un dono, ma come premio che gli è dovuto per il bene fatto e per avere seguito le norme rigidamente. A parte il "Ti ringrazio" iniziale, non prega, non guarda a Dio, non si confronta con Lui, non attende nulla da Lui, né gli domanda nulla, si concentra su se stesso e si confronta con gli altri. In questo suo atteggiamento non c'è nulla della preghiera.

Il pubblicano, l'esattore delle tasse, è spaesato, se ne sta in fondo, quasi temesse di disturbare. Si batte il petto come un disperato, si sente peccatore e non è in grado nemmeno di elencare le sue colpe, sussurra, infatti: "Dio, abbi pietà di me peccatore”, ha la consapevolezza di non poter pretendere niente da Dio, fa affidamento su Dio, nella sua misericordia, non su se stesso.

La parabola nasce dalla volontà di Gesù di impartire un chiaro insegnamento. Qualcuno distribuisce giudizi affrettati e perentori, inquinando la visione oggettiva della realtà.

Due uomini nello stesso luogo, a compiere lo stesso atto di culto. Poi la parabola si sdoppia. Il giudizio finale di Gesù ribalta la posizione del fariseo che sembrava vincente fin dall’inizio.

La morale della parabola è chiara e semplice: l'unico modo corretto di porsi di fronte a Dio, nella preghiera e nella vita, è quello di sentirsi costantemente bisognosi del suo perdono e del suo amore. La giustizia che il fariseo vantava davanti a Dio come conquista di uno sforzo personale, il pubblicano l'ha ricevuta come dono misericordioso dal Signore.

In quest’ottica, la preghiera diventa lo specchio dell’anima: Quando pregate, non siate simili agli ipocriti che amano pregare stando ritti nelle sinagoghe e negli angoli delle piazze, per essere visti dagli uomini. In verità vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Tu invece, quando preghi, entra nella tua camera e, chiusa la porta, prega il Padre tuo nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà” .(Mt 6, 5-6)

Allora quando ci scoraggiamo perché sembra che siamo incapaci di pregare come vorremmo, accogliamo l’invito di Madre Teresa di Calcutta:

SE NON PUOI...

  • Se non puoi essere un pino sul monte,  sii un filo d'erba nella valle,  ma sii il miglior filo d'erba sulla sponda del ruscello.
  • Se non puoi essere un albero,  sii un cespuglio . Se non puoi essere una strada maestra,  sii un sentiero.
  • Se non puoi essere un sole, sii una stella.  Ma sii sempre il meglio
  • di ciò che sei.  ( Madre Teresa)