Origine dell'Eucarestia

Parrocchia, 16/12/2010
L’origine dell’Eucarestia
 
1.      La testimonianza di San Paolo
 
Paolo sottolinea l’importanza dell’eucarestia appellandosi alla tradizione primitiva, infatti potrebbe apparire incredibile se non fosse garantita dalla trasmissione fedele di un ricordo che risale senza alcun dubbio all’origine.
Cronologicamente, in 1Cor. 11, 23-25 abbiamo la testimonianza più antica, non solo, Paolo indica Gesù stesso come origine della tradizione da lui riferita. In questo modo Paolo vuole sottolineare che l’insegnamento trasmesso con la sua catechesi eucaristica non proviene da una semplice opinione o da una interpretazione personale, ma che la testimonianza che offre è stata interamente ricevuta dalla dottrina che viene trasmessa nella Chiesa.
Anche per la morte e resurrezione (Pasqua) Paolo ricorre espressamente alla garanzia della tradizione, per suggerire che l’eucarestia è una verità essenziale legata al compimento della salvezza: infatti fa entrare nella vita del credente la fecondità trasformatrice della morte e resurrezione del Signore.
“Fate questo in memoria di me” > indica chiaramente ciò che doveva esser fatto perché la memoria di Cristo fosse attualizzata come voleva Lui. Per questo il culto cristiano non ha riprodotto la consumazione dell’agnello, ma solo la doppia consacrazione del pane e del vino.
“Memoriale” > con il suo potere divino, Gesù dà un senso diverso al memoriale: rende presente e attuale ciò che era evento del passato; così può ripetere all’infinito, nella crescita nel tempo della Chiesa, il gesto compiuto al momento dell’istituzione dell’eucarestia.
 
 
2. Le testimonianze evangeliche
 
Pur con sfumature diverse, Marco, Matteo e Luca concordano sulle modalità dell’istituzione dell’eucarestia da parte di Gesù.
Matteo e Marco> l’essenziale del racconto è identico.
In tutti e due c’è un invito a mangiare “Prendete” (Mc.), “Prendete e mangiate” (Mt.), invito che è assente in Paolo e Luca, ma certamente corrisponde all’intenzione di Gesù, perché quando prese il pane dicendo, “questo è il mio corpo”, voleva dare il proprio corpo come nutrimento.
L’invito a mangiare e poi a bere ha il vantaggio di attirare l’attenzione di Cristo di nutrire i credenti con il suo corpo e di dissetarli con il suo sangue.
Con l’espressione “Il mio sangue, sangue dell’alleanza” (affermazione più semplice e diretta), Gesù riprende la formula dell’A. T. sottolineando però che non solo è colui che realizza l’alleanza annunciata nei profeti, ma Egli è l’alleanza, stipulata con il suo sangue.
Con l’espressione “il suo sangue versato per molti” si sottolinea che l’alleanza si realizza attraverso il sacrifico: il mistero dell’incarnazione in se stesso non sarebbe bastato.
In Mc. e Mt. si parla di “alleanza” e non di “nuova alleanza” come in Paolo e Luca. Probabilmente è l’espressione originale usata da Gesù con cui ha voluto significare che lui stesso era l’alleanza reale, essendo tutte le alleanze dell’A. T. figure dell’alleanza unica e definitiva che Dio voleva stipulare con l’umanità.
Probabilmente l’espressione “nuova alleanza” fu aggiunta dai cristiani che desideravano sottolineare la distanza tra l’alleanza ebraica e quella cristiana.
Solo in Matteo abbiamo l’espressione “in remissione dei peccati”, per sottolineare lo scopo del “sangue versato per molti”, si tratta di un sacrificio espiatorio, cioè di un sacrificio offerto per ottenere la remissione dei peccati. Queste parole riportate da Matteo sottolineano anche una verità essenziale: la vittoria riportata da Cristo sulle potenze del male.
In questo modo ogni celebrazione eucaristica si propone così più forte di tutto il male del mondo.
Nell’evangelista Luca > abbiamo più coincidenze con Paolo anche se c’è un’accentuazione dell’intenzione sacrificale. Luca sottolinea che il “corpo” è dato, anzitutto non dato in nutrimento, ma dato in dono a beneficio di tutti. Poi, a differenza di Paolo, aggiunge, riguardo al sangue; “versato per voi” , per ribadire che il sangue è versato per la moltitudine e quindi per i partecipanti alla cena, come il corpo è dato per loro.
Prima dell’istituzione dell’eucarestia, in Luca sono riportate due dichiarazioni(22, 14-18): esse costituiscono l’ambientazione escatologica del pasto pasquale.
Nella prima (Ho desiderato….) Gesù esprime un desiderio intenso di consumare quel pasto prima della sua passione, è un pasto che troverà compimento nel regno di Dio e che realizzerà con l’eucarestia che si celebrerà nel suo regno, cioè, la Chiesa.
Nella seconda( E preso un calice….) è evidente il legame dell’eucarestia con la venuta del regno, cioè con lo sviluppo della Chiesa, porta di accesso al regno celeste.
 
In Giovanni non abbiamo il racconto dell’istituzione dell’eucarestia, bensì un primo annuncio dell’eucarestia, fatto nella sinagoga di Cafarnao(cap. 6) e già il modo di descrivere il miracolo, ricordando che Gesù aveva preso i pani e “reso grazie”(6, 11), faceva intravedere la preghiera che avrebbe dato il nome all’eucarestia.
Nella spiegazione del miracolo Gesù manifesta la sua intenzione di dare il suo corpo in nutrimento e il suo sangue in bevanda. Rileggendo tutto il discorso di Gesù notiamo che contiene già tutto ciò che si sarebbe realizzato nell’istituzione dell’eucarestia.
Il Vangelo di Giovanni è quello che ci fa vivere più concretamente ciò che avvenne durante l’Ultima Cena: la lavanda dei piedi, le parole di Gesù a commento del pasto eucaristico e la preghiera conclusiva. In questo modo Giovanni ci consente di cogliere meglio i sentimenti di Cristo al momento dell’istituzione dell’eucarestia.
Da sottolineare che nel dialogo tra Gesù e i discepoli l’eucarestia aveva consentito i rapporti più intensi di intimità e di fiducia serena.
 
Ambientazione pasquale dell’istituzione eucaristica: La cura particolare con cui Gesù diede le raccomandazioni per la preparazione conferma la natura pasquale del pasto.