La Quaresima

Parrocchia, 5/3/2011

LA QUARESIMA

Con il mercoledì delle ceneri si apre davanti a noi il cammino quaresimale, segno sacramentale della nostra conversione. Questo cammino è sostenuto dalla preghiera, dove impariamo a crescere nel nostro rapporto con Dio; è accompagnato dal digiuno, per recuperare un sano rapporto con il nostro corpo e con le cose che abitano il nostro mondo; si compie, infine, nella solidarietà, mediante l’elemosina. La Quaresima si configura, perciò, come una grande scuola dove veniamo educati dallo Spirito Santo e dalla Chiesa all’arte della comunione con Dio e con il prossimo. Una scuola di vita, quindi, e per la vita. Ma la Quaresima non è solo questo (aspetto ascetico); lungo questi quaranta giorni, noi veniamo introdotti gradatamente in quel Mistero che costituisce il cuore della nostra fede: la Pasqua di Cristo( aspetto mistagogico)..

-         L’itinerario di fede percorso dai cristiani, anno dopo anno, durante il tempo quaresimale ripropone, per così dire, l’esperienza della Storia della Salvezza: è l’itinerario che dà senso alla storia del mondo e alla loro storia personale di fede, è al tempo stesso un itinerario di conversione, di crescita interiore e cammino comunitario, perché lega i credenti tra di loro impegnandoli in una comune missione di “trasfigurazione” del mondo quotidiano. Tutto questo richiede una continua lotta con sé stessi e con le tentazioni che vengono dall’esterno: tentazioni di dare più importanza all’esteriorità che all’interiorità, tentazione del potere e del possesso, tentazione di cercare scappatoie e compromessi. Occorre trovare la fonte della forza e del coraggio per affrontare la lotta e mantenere la direzione giusta. Ciò che non è sempre facile.

-         Le tappe di questo cammino sono impegnative e richiedono rinuncia a sé stessi. È più che mai necessario attingere alle fonti d’acqua viva, chiedere e ricevere il dono della luce e della forza per vivere nella grazia e nella verità, farsi vigilanti affinché la fede non si addormenti, sperimentare il digiuno come forma di solidarietà concreta. La Liturgia della Parola di tutto questo tempo santo offre stimoli per riscoprire la propria fede e approfondirla, nella speranza e nella luce che viene, fin dall’inizio, dalla Pasqua a cui la celebrazione odierna ci orienta.

-         «Lasciatevi riconciliare con Dio! ... Ecco ora il momento favorevole, ecco ora il giorno della salvezza» . «Convertitevi e credete al Vangelo!»  (Mc 1,15). Con questi due imperativi la Comunità cristiana è convocata per accogliere l’azione misericordiosa di Dio e ritornare a Lui. Il rito di imposizione delle ceneri può essere considerato una specie di iscrizione al catecumenato quaresimale, un gesto di ingresso nello stato di penitenti.

-         Sobrietà, austerità, astinenza dai cibi sembrano anacronistici in questa società che fa del benessere e della sazietà il proprio vanto. Ma è proprio questa sazietà che rischia di renderci insensibili agli appelli di Dio e alle necessità dei fratelli. Per il cristiano il digiuno non è prodezza ascetica, né farisaica ostentazione di “giustizia”, ma è segno della disponibilità al Signore e alla sua Parola. Astenersi dai cibi è dichiarare qual è l’unica cosa necessaria, è compiere un gesto profetico nei confronti di una civiltà che in modo subdolo e martellante insinua sempre nuovi bisogni e crea nuove insoddisfazioni. Prendere le distanze dalle cose futili e vane significa ricercare l’essenziale: affidarsi umilmente al Signore, creare spazi di risonanza alla voce dello Spirito. Il digiuno, perciò, riguarda tutto l’uomo ed esprime la conversione del cuore. Rinnegare se stessi (cfr. Mt 16,24) non è moralismo o mortificazione delle energie vitali, ma è cessare di considerare sé stessi come centro e valore supremo. In questo decentramento da sé, Cristo attua ancora la sua vittoria sul male e l’uomo viene rinnovato a somiglianza di Lui.

-         In seno al popolo di Dio, il digiuno fu sempre considerato come una pratica essenziale dell’anima religiosa; infatti, secondo il pensiero ebraico, la privazione del nutrimento e, in generale, di tutto ciò che è gradevole ai sensi, era il mezzo ideale per esprimere a Dio, in una preghiera di supplica, la totale dipendenza di fronte a Lui, il desiderio di vedersi perdonato e il fermo proposito di cambiar condotta. Tuttavia, di fronte all’aspetto formalistico istintivo che il digiuno aveva preso, i profeti hanno ricordato il primato dell’amore verso Dio e verso il prossimo. Nell’azione ecclesiale del digiuno c’è la presenza del Signore, senza del quale le opere dell’uomo sarebbero un’autoglorificazione. In forza di questa presenza, il digiuno della Chiesa non è mesto e lugubre, ma gioioso, festivo. Digiunando, la Chiesa-Sposa esprime la propria vigilanza e l’attesa del ritorno dello Sposo (cfr. Mc 2,18-22; Mt 9,14-15; Lc 5,34-35). Se da una parte lo Sposo è sempre presente alla sua Sposa, dall’altra questa presenza non è ancora piena e va, dunque, preparata e sollecitata. La rottura definitiva del digiuno avverrà quando tutti saranno assisi al banchetto del Regno (Is 25,6).

-         Il digiuno non si fa per “risparmiare”, cioè per motivi economici sebbene il difficile clima della crisi economica può suggerirlo, ma per amore di Dio. Un amore che si fa preghiera ma che reclama la sollecitudine per il prossimo, la solidarietà con i più poveri, un maggiore senso di “giustizia” (cfr. Is 1,17; Zc 7,5-9). Affermava San Leone Magno: «Il nutrimento di chi ha bisogno sia sostenuto dai nostri digiuni». In questo senso sono lodevoli le iniziative personali e comunitarie per una “Quaresima di fraternità”; e così, anche la partecipazione alla Cena del Signore diventa un gesto di povertà, di pentimento, di speranza, di annuncio. Chi partecipa seriamente alla passione del Signore, tutt’oggi viva nei poveri della terra, sa che il ritorno al Padre (quello proprio, come quello della Comunità) è cominciato, e che nella mortificazione della carne può fiorire lo Spirito della risurrezione e della vita. Sulla scia dell’odierna pagina evangelica si possono verificare le espressioni di una vita di fede autentica: carità fraterna, preghiera, digiuno. E’ questo «il trinomio per cui sta salda la fede... Il digiuno è l’anima della preghiera e la misericordia è la vita del digiuno. Nessuno le divida... Chi prega digiuni... Chi digiuna comprenda bene cosa significa per gli altri non avere da mangiare. Ascolti chi ha fame, se vuole che Dio gradisca il suo digiuno...» (San Pietro Crisologo). Chi pone questi segni sa che il ritorno al Padre è cominciato e che la risurrezione e la vita sono già germogliate.

-         Muovere bene i primi passi della Quaresima significa già assicurarsi la possibilità di arrivare al traguardo della Pasqua. Coloro che ci ascoltano e che vedono le nostre opere devono avvertire con lucidità che non si può far passare invano la grazia di Dio, che questo è il momento della conversione. Devono percepire, nello stesso tempo, l’amore di Dio su di loro: un amore che ci viene incontro, che non si sottrae a nessun rischio e pericolo, neppure alla morte di croce. Devono provare il desiderio intenso di mettersi per quella strada che viene tracciata davanti a loro: una strada che impegna il corpo per arrivare al cuore, che fa sentire fame di cibo perché non venga coperta la fame più profonda, che è fame di Dio, della sua Parola.