La Liturgia Cattolica

Catechesi

Parrocchia, 6/2/2012
Incontri di Catechesi di P. Leonardo in preparazione al Congresso Eucaristico Diocesano di Giiugno
 
PRIMA CATECHESI
 
La Liturgia cattolica
Con Liturgia (traslitterazione del greco λειτουργία, letteralmente "azione del popolo") si intende solitamente il culto (preghiere e riti) proprio della religione cristiana, diversificato per nome, caratteristiche, contenuti a seconda delle varie chiese cristiane.
Per la Chiesa cattolica, la liturgia è l'esercizio del ministero sacerdotale di Cristo attraverso riti che manifestano e fondano la Chiesa. La relazione tra rito e liturgia non è quindi una relazione di identità, anzi, la liturgia si esprime attraverso il rito. Uno degli errori più comuni consiste proprio nel pensare la liturgia unicamente come culto pubblico della Chiesa, un'azione cioè che si riduce ad essere espressione di una realtà istituzionale e fondata su norme cultuali (chiamate rubriche) . Il concetto di liturgia nel cattolicesimo è ben più ampio e difficilmente se ne può dare una definizione stringata che sia al tempo stesso esaustivo. Difatti il Concilio Vaticano II definendo il ruolo della liturgia come "il culmine verso cui tende l'azione della Chiesa e, al tempo stesso, la fonte da cui promana tutta la sua energia" (Sacrosanctum Concilium 10), la inserisce all'interno della spiritualità della chiesa, fonte e culmine della stessa fede e della teologia. Inoltre, se si guarda alla sacra scrittura ci si accorgerà ben presto come i due principali eventi di rivelazione della Bibbia cristiana:
a.     la donazione delle tavole della legge sul Sinai a Mosè ed
b.     il Mistero Pasquale,
avvengono in un contesto che si può definire liturgico sulla base del quale la Chiesa si fonda e formula i suoi riti.
La lex orandi, cioè l'insieme delle norme cultuali definite dalla chiesa, comprende la forma delle celebrazioni religiose solenni, ma anche l'ordinario e il proprio dei riti quotidiani, quali la Celebrazione eucaristica, i sacramenti, la liturgia delle ore.
La Chiesa cristiana sin dall'inizio si riuniva regolarmente per il culto comunitario. La forma più basilare di culto nella Chiesa primitiva (lettura ed esposizione delle Sacre Scritture, la preghiera, il canto dei Salmi, l'osservanza dei Sacramenti) deriva dall'esempio e comando di Gesù, che con l'eccezione dell'Eucaristia da lui istituita, ha ripreso e riadattato la pratica del culto ebraico sinagogale.
La liturgia nella Chiesa apostolica [modifica]
La prima comunità cristiana a Gerusalemme era essenzialmente ebraica e, come tale, accettava quello che ora conosciamo come Antico Testamento come Parola di Dio. Ciò che distingueva questi primi cristiani dall'ebraismo tradizionale era la ferma loro persuasione che Gesù fosse il Messia promesso e che la salvezza potesse essere conseguita solo seguendo Lui.
Essi continuavano a rendere culto a Dio alla maniera giudaica, ma aggiungevano la celebrazione eucaristica (Atti 2,42-46) e la preghiera elevata a Dio in nome di Gesù (Atti 4,24-30).
Sebbene i cristiani si radunassero quotidianamente per pregare, per la comunione fraterna, la predicazione e l'insegnamento, (Atti 2,46, Atti 5,42), il giorno principale della settimana per rendere culto a Dio era stato spostato, quasi sin dall'inizio, dal sabato alla domenica, perché era il giorno della risurrezione.
Non è chiaro quale fosse l'ordine del culto stabilito dagli apostoli nella chiesa, ma la liturgia era comunque molto semplice. Tutte le evidenze (il Nuovo Testamento e gli scritti non canonici dell'epoca) indicano che, sebbene gli elementi del culto non avessero una sequenza fissa, il punto culminante del culto domenicale era la frazione del pane. Una fonte antica, la Didaché (circa 95-150), ci dà una descrizione dettagliata di come la Messa fosse celebrata, incluse le preghiere da usarsi, come pure altre indicazioni liturgiche ed usi. Erano incluse formule fisse di preghiera, ma veniva lasciato ampio spazio alla preghiera spontanea. Si richiedeva pure che la confessione di peccato precedesse la celebrazione dell'Eucarestia.
Giustino martire nella Apologia prima scritta circa nella seconda metà del II secolo, descrive la Cena del Signore come "Eucaristia" (cioè "ringraziamento"), come pure fa la Didaché (14:1). Nel descrivere il servizio di culto, Giustino scrive: "Le memorie degli apostoli (i vangeli) e gli scritti dei profeti, erano letti ad alta voce fintanto che il tempo lo permetteva" (Apologia prima, 67). Senza dubbio gli "Scritti dei profeti" erano i libri dell'Antico Testamento. Dagli scritti di Giustino martire è chiaro che le chiese avevano un ordine del culto definito, stabilito per tradizione, ma il culto era molto semplice.
Nella Chiesa primitiva vi erano riunioni in cui i credenti che erano stati battezzati celebravano la Cena del Signore nell'ambito di un vero pasto. Già molto presto, però, questo pasto viene separato dal sacramento propriamente detto (Clemente Alessandrino, Paedagogos 2:1; Stromata 3:2; Tertulliano, Apologia 39) ed era chiamato "agape", cioè "festa d'amore". Con il IV secolo l'osservanza dell'"agape" si estingue soprattutto a causa dei disordini di condotta che causava (Agostino, Lettera ad Aurelio 22:4).
L'osservanza delle festività annuali da parte del Giudaismo fa sorgere nei cristiani l'idea di "anno ecclesiastico", ora chiamato "anno liturgico", ma questo tentativo di santificare l'intero anno con una successione di festività sacre, si sviluppa lentamente. La chiesa primitiva non aggiunge le feste del Natale e dell'Epifania se non nel IV secolo e l'anno liturgico com'è ora osservato non è completo se non alla fine del VI secolo.
L'apostolo Paolo menziona rivelazioni, glossolalia e interpretazione delle lingue come parte della pratica consueta del culto in alcune chiese. L'esercizio di questi carismi o doni spirituali, era regolato in modo stretto affinché il culto si svolgesse in buon ordine ("ogni cosa sia fatta con dignità e con ordine" 1 Cor 14,40). Ecco così come la libera espressione dello Spirito andasse, nello stesso culto, accanto alle espressioni liturgiche fisse. Questa libera espressione dello Spirito Santo nella glossolalia e nella profezia sembra essersi estinta molto presto, probabilmente quando si chiude autorevolmente il canone delle Sacre Scritture. Già al tempo di Giustino martire sembra che il profetizzare, la glossolalia e l'interpretazione delle lingue sia scomparsa, se non in gruppi eterodossi. Quel che rimaneva era un culto diviso in due parti, la prima era un adattamento ed un'espansione del culto ebraico che avveniva nelle sinagoghe fatto di lode, preghiera ed insegnamento, la seconda l'osservanza della Cena del Signore.
Sin dal II secolo si rileva un graduale allontanamento dal culto libero descritto dal Nuovo Testamento, un cambiamento che muterà il carattere del cristianesimo primitivo. È chiaro dall'ordinamento del culto proposto da Ippolito, compilato prima del 236 come fosse avvenuto uno sviluppo considerevole nelle forme rispetto all'uso antico, ma il culto allora era comunque semplice e relativamente breve, come pure libere sembra che fossero gran parte delle preghiere.
La liturgia nella Chiesa paleocristiana
Quando l'imperatore Costantino rende il Cristianesimo la religione ufficiale dell'Impero romano nel 313, la nuova immagine pubblica dei cristiani incoraggia la costruzione di splendide chiese e la creazione di servizi religiosi di grande solennità e sfarzo, elaborati e più lunghi.
Originalmente la Messa era un rito semplice con due suddivisioni di base, la "Liturgia della Parola" e la "Liturgia eucaristica".
Per la fine del IV secolo cominciano ad essere elevate barriere fra l'altare e il popolo. Si sviluppano in questo periodo dottrine come la transustanziazione, la penitenza e le opere meritorie.